Al gelsomino, fruttato, verde, da colazione. L’unica scelta che non mette in crisi. Di solito quando ci sono troppe possibilità la sensazione di sovrastimolazione prende il sopravvento e l’unica via di fuga è la fuga, appunto. Prendi i centri commerciali. Tra le corsie illuminate male, l’acustica pessima, le insegne e gli annunci sai che stai espiando delle colpe. Grosse colpe. Sei l’assassino Robert De Niro che si arrampica sulla montagna con una rete piena di sassi, ma senza la poetica colonna sonora di Morricone, sei il ragazzo di Primavera, estate autunno inverno e ancora primavera che cammina con una pietra legata alla vita perché da piccolo aveva legato un sasso al collo di un serpente. Ma niente montagne, fiumi, maestri e musica. Cosa posso aver fatto di peggio? Nulla. Esco. – Gradisce dello zucchero? – No per carità, il the va assaporato nella sua naturalezza, come mamma l’ha fatto o Dio per lei. La Cina, l’India, il colonialismo, gli olandesi, le navi, il canale di Suez, le foglie. Sinestesie ad ogni sorso. A Trieste, a Prato, sotto casa o con il Cappellaio Matto è sempre l’ora di un buon the, perché è sempre l’ora di confortarsi e rifugiarsi al caldo nella storia. La grande storia, non solo quella personale proustiana di quando con babbo, mamma e il cane immaginario sorseggiavi un the con la regina d’Inghilterra che eri andata a trovare a Buckingham Palace a bordo di un tappeto volante persiano vero. Vero. E neanche quella in cui Maggie Smith prende delicatamente la tazza davanti a sé con i guanti bianchi in pizzo a proteggere le mani, beve un sorso di the e riposa la tazza sul piattino senza dir; una parola ma ha fatto quella cosa con lo sguardo che solo lei può e sa e tu godi di un sentimento che non puoi neanche dire perché è solo riconoscenza per essere così perfettamente brava a raccontare l’imperfezione della vita. – Buono questo the ai frutti di bosco – Veramente è alla cannella – E ridiamo come matti perché papà ha il setto nasale deviato e non distingue bene i sapori. – Ma da chi hai preso questa storia del the? – Ah, saperlo! direbbe Cechov, ma pensate davvero che abbiamo preso tutto da qualcuno? Le foglie, le navi, la Cina, l’India, il canale di Suez quando bevo un the penso alla storia, quella grande e col cavolo che mi rivedete in un centro commerciale. Lì non arriva Maggie Smith e nemmeno la regina d’Inghilterra. Lì non posso cantare a squarciagola nella mia testa ‘Un buon non-compleanno a me, a te, a me, a te!’ e non posso nemmeno chiamare una carrozza che mi riporti a casa. E se a casa ci sono già lasciatemi qui, nella mia sala da the con i miei ospiti illustri e familiari, i marinai che urlano staccando le cime dal molo, gli schiavi delle piantagioni che piangono, le foglie che seccano, i giapponesi che si inchinano e le scatoline colorate che invitano ad una scelta che non mette a disagio perché qualsiasi sapore porterà ad un’avventura straordinaria. – Biscottini? – Sì, grazie.
Sala da the
Aggiornamento: 14 ago 2023
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