Eravamo io e Caramella.
Chkchkchk. Rasente i muri, a tratti in mezzo alla via. Due puntini nell’Universo che mantengono quasi costantemente la stessa distanza, marciando nella stessa direzione. Non so chi sia, né dove sia diretto. Ascolto. Chkchkchk. Un uomo, non giovane né vecchio, forse dall’età vissuta diversa da quella anagrafica. Conosce il posto, è di qui, cammina disinvolto, ma non a passo svelto. Ho paura? No. Accelero? Nemmeno per idea. Chkchkchk. Vado, semplicemente, vado. E mi viene in mente il buio del teatro, quando si poteva andare a teatro perché andavi a vedere Nekrosius, Strehler, Peter.. oh, Peter.. Ti sedevi sulle poltrone di velluto in completa solitudine che solitudine non era mai, aspettando quell’istante terrifico e magnifico al tempo stesso in cui si spengono le luci di sala, tutti trattengono il fiato quasi all’unisono e non succede niente, perché sta per accadere tutto. La magia. Buio e luce. Chkchkchk. E quell’idiota due file dietro di te scarta la sua benedetta caramella. Perché sei a Milano, è domenica e a teatro ci vanno le cariatidi sorde della Milanobene che bene non stanno affatto. Chkchkchk. Quel rumore sciocco fa’ eco dappertutto, visto che sei in una sala da spettacolo con un’acustica studiata appositamente per farti sentire ogni palpito di scena, e quel moccioso settantenne non curante della lecita ipersensibilità acustica di te che aspetti quell'evento da settimane per goderti la sospensione magica dell’atto teatrale, attende il momento esatto in cui tutto tace ad accogliere il sacro e il profano per scartare la sua benedetta caramella. E tu cerchi con tutte le tue forze di placare la mente che vorrebbe solo lanciare fulmini e saette raccontandoti che forse è meglio così, pensa senza caramella in bocca che fastidio i colpi di tosse durante lo spettacolo. Chkchkchk. Benedetta, benedetta caramella. L’uomo cammina dietro di me, leggermente alla mia destra. O io cammino avanti a lui, spostata alla sua sinistra. Non ci separiamo. Io non voglio separarmi troppo presto, mi piace quella compagnia casuale. La sera estiva incanta le pietre del borgo che parlano alla luna mentre bagna di luce le foglie degli alberi e il campanile sottolinea l’atmosfera con i suoi rintocchi discreti. Chkchkchk. Quand’ero piccola mia nonna aveva un aggeggio di metallo affascinante che si trasformava da cestino ad alzata per dolci con una semplice mossa. Vuoi una caramella? Mi chiedeva a fine pranzo. E tac-tac da quel cestino saltavano fuori decine di caramelle colorate con zucchero e senza zucchero, al caffè e all’arancia, le mou e le galatine. Le mie preferite erano quelle che frizzavano, le selz. Le mettevi in bocca e non sapevano di nulla, fino a che coraggiosa non davi un bel morso alla superficie appiccicosa e Fzzzz ; frizzava tutto il palato. Finito l’effetto potevi anche sputare il resto della caramella che non aveva alcun sapore e prenderne subito un’altra. Fzzzz. Sarei andata avanti l’intero pomeriggio. Ecco perché non mi faceva paura, l’uomo che camminava con me quella sera. Uscito dal portone aveva messo una mano in tasca, proprio mentre io gli passavo accanto, superandolo. Ah, poteva essere di tutto.. un fazzoletto, il portafogli, un’arma contundente ma Chkchkchk è inconfondibile. Per me. Così proseguire sulla mia via che era diventata anche la sua, era stato estremamente piacevole. Mi sembrava di sentirne l’odore, di quella caramella con cui giocava nel taschino e sorridevo tra i ricordi gongolando all’idea di viverne già uno nuovo, in quel preciso istante mentre si formava sotto i miei occhi, tra i nostri passi e il cielo di quella sera a caso. Ciao Caramella, amico entrato nel mio passato per sempre, che stai svoltando ora in un’altra direzione dove non ti seguirò se non con la fantasia.
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